Tutino fa lo sciopero della fame. La lotta “non-violenta” è altruistica o masochista?

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«Referendum: Davide Tutino in sciopero della fame da due settimane, è un cadavere che cammina con una croce addosso. Salvatelo adesso!»

così titola Claudio Messora sul suo canale telegram.

L’attivista Davide Tutino, Presidente della Resistenza Radicale Nonviolenta, il 3 giugno ha cominciato uno sciopero della fame che protrarrà ad oltranza fino a quando non verranno raggiunte le 500.000 firme necessarie al Referendum contro l’invio delle armi in Ucraina.

In molti appelli che corrono online si dice che Tutino sia ormai pelle ed ossa e ci viene chiesto di salvarlo, andando a firmare il Referendum. Un gesto disperato ed eroico da apprezzare nell’intenzione che lo motiva, intenzione che tutti noi condividiamo e sosteniamo. Sicuramente il suo zelo dimostra il livello di ardore che lo anima.

A questo proposito invito tutti a recarsi ai banchetti di raccolta firme elencate a questo link:

https://www.byoblu.com/qui-referendum/

Poiché tuttavia ogni evento costituisce materia di attenta analisi e ogni situazione della vita sociale può diventare per noi una preziosissima opportunità di crescita evolutiva, vi propongo alcune riflessioni personali, a partire da questa modalità di lotta politica normalmente definita “non-violenta”.

Da ragazzina idealista, mi definivo una pacifista gandhiana, in quanto consideravo la lotta non-violenta come la modalità più nobile e suprema di sacrificio di sé per la conquista della libertà e dei propri diritti.

Da quasi vent’anni vivo in Israele, un paese perennemente in guerra. Ho subìto l’orrore della guerra e del terrorismo in prima persona.

Purtroppo so, sulla mia pelle, cosa sia la guerra, cosa siano le armi, cosa sia la distruzione, cosa siano l’odio e la follia umana.

Per molti anni sono stata una fervida attivista per la Pace, lavorando infaticabilmente per la promozione del dialogo fra israeliani e palestinesi.

Questa lunga e logorante esperienza nel corso degli anni, mi ha fatto comprendere come uscire dalle dinamiche oppositive che portano irrimediabilmente allo scontro ed alla guerra.

E ho capito che la cosiddetta non-violenza non è nient’altro che l’altra faccia della stessa medaglia dualistica. Infatti, la non-violenza ricorre ad altrettanta violenza che la guerra. La sola differenza è che in guerra la violenza viene sfogata contro il nemico fuori di sé; nella lotta non-violenta, invece, la medesima violenza viene inferta contro se stessi.

Sempre di violenza si tratta: non uccido te, ma uccido me stesso.

Nel caso della guerra trattasi di violenza distruttiva contro l’esterno, nella guerra “pacifista” di violenza distruttiva verso l’interno.

Potremmo quasi dire che è la medesima differenza che passa fra sadismo e masochismo, fra esplosione ed implosione.

Potremmo dire che la violenza si esprime in tre modalità:

  • La violenza contro il nemico fuori di sé, in cui io uccido l’altro (modalità tipica del soldato in battaglia). Questa modalità si posa su una visione ideologica che considera l’autodifesa come la modalità combattiva più efficace.
  • La violenza che impongo a me stesso, in cui mi autodistruggo o lascio che l’altro mi uccida (modalità tipica dell’attivista non-violento). Questa modalità si poggia su una visione religiosa e moralistica che considera il sacrificio supremo di sé come la modalità combattiva più alta e più nobile.
  • La violenza che riverso contro di me e contro gli altri (modalità tipica del kamikaze o del terrorista jihadista che uccide se stesso per uccidere gli altri). Questa modalità si posa su una visione ideologica che include le due modalità precedenti: l’uccisione e l’immolazione.

In entrambe queste tre modalità, si fa ricorso alla violenza distruttiva, sia essa esplosiva verso l’esterno, sia essa implosiva verso l’interno. E come tali, sono tutte modalità contro la Vita, l’istinto alla sopravvivenza e l’anelito alla Vita.

Uccidere se stessi non è meno grave che uccidere gli altri.

Senza contare che in tutte queste modalità, si rimane sempre all’interno della dinamica dualistica oppositiva che è all’origine di ogni conflitto.

Io non voglio uccidere, né uccidermi, né essere uccisa.

Voglio vivere. Vivere in un mondo di persone vive e libere.

E poi, diciamocelo francamente, senza offendere né ferire la sensibilità di nessuno: ormai tutte queste modalità hanno fatto il loro tempo, sono vecchie ed inefficaci. Soprattutto poi, semplicemente non funzionano, non ci portano mai alla SOLUZIONE dei problemi.

Credo che il vero motivo per cui le persone non corrano a firmare il Referendum, non sia solo il menefreghismo, ma è segno di disillusione nei confronti di tutte queste modalità che in questi tre anni di lotta e di Resistenza non hanno portato di fatto ad alcun risultato significativo. Le persone semplicemente non credono che la loro firma potrà fermare la guerra. Né credono più che sia necessario sacrificare la propria vita per una causa che vedono già persa in partenza. E non vogliono neppure portare su di sé il peso del senso di colpa, qualora non si raggiungessero le famose 500.000 firme.

Esiste una terza via altrettanto efficace per ottenere la Libertà che non faccia ricorso alla violenza e alla morte?

Si possono risolvere i conflitti in un altro modo più consono alla Vita?

Sì, esiste un altro modo, esiste una terza via che smantella alla radice il meccanismo dualistico oppositivo.

Dea attivista di PaceSi tratta di una via inclusiva al Femminile, ed è quella che sto percorrendo e portando avanti da anni.

So bene di essere sempre controcorrente, e di avere opinioni che scontentano tutti.

Sono anche cosciente che dopo questo mio articolo, mi provocherò nuove inimicizie. Ma questo succede ogni volta che esprimo un parere diverso dal pensiero comune.

Precisato questo, spero davvero che Davide Tutino non arrivi a morire. E che resti con noi.

Abbiamo bisogno di guerrieri vivi e forti.

Invito tutti ad andare a firmare il Referendum e a sostenerlo:

https://www.byoblu.com/qui-referendum/

Dea

Per contattare Dea scrivi a: deaeretica@gmail.com

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